giovedì 30 ottobre 2008

5. La magia


Sull'uso originale e non contraddittorio della magia e tutto ciò che la riguarda.

Non si può definire la magia. Non esiste; dunque ogni autore ha il diritto di adoperare, nel romanzo, magia del tipo che preferisce.
Per fare un po' di ordine, si potrebbero raggruppare le varie manifestazioni di magia nelle seguenti "categorie":
  1. Illusioni
  2. Incantesimi alchemici
  3. Incantesimi orali
  4. Quattro
  5. Incantesimi gestuali
  6. Incantesimi naturali
1. Le illusioni
Nell'Occhio del mondo di Jordan c'è una donna che, in un momento di particolare pericolo, spaventa il nemico manifestandosi come una specie di gigante. Il personaggio stesso poi giustificherà la cosa come scherzi delle ombre, dato che era notte. Nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin un personaggio, tale Jaqen H'gar, semplicemente si passa una mano davanti al volto cambiandone le fattezze (e cambia anche il colore dei capelli).
A mio parere, le illusioni sono il miglior tipo di magia. Non deve essere per forza palesata: le illusioni possono essere semplici illusioni, scherzi della vista, o manifestazione magiche che illudono la vista (o solo una persona specififca).

2. Gli incantesimi "alchemici"
Con "alchemici" mi riferisco a quel tipo di magia attuabile solo attraverso la preparazione di pozioni o simili: in questo caso la magia non appartiene a nessuno, se non al miscuglio di particolari ingredienti, ed è solo un tipo distorto di scienza, un'alchimia. Una pozione d'amore può essere considerata magica. Ma basterebbe anche una tazza di cioccolata calda per mettere due persone in sintonia (grazie all'effetto del cioccolato sul cervello).
In Harry Potter, per esempio, questo tipo di magia non è direttamente collegato con le capacità magiche degli individui.

3. Gli incantesimi orali
Gli incantesimi che per essere lanciati necessitano di una parola, una formula orale, non sono sempre ben visti.
Si suole far riferimento, quasi sempre, a una lingua antica o misteriosa. In Eragon (sigh, perdonatemi) si parla di una lingua che chiama le cose con il loro vero nome. In Harry Potter si parla un presunto latino (un esplicito riferimento alla cultura europea dell'occulto).
Questo tipo di incantesimi non piace molto: credo sia perché l'idea di fondo, radicata in ognuno di noi, è che la magia sia un "dono" per pochi, ergo sarebbe troppo facile pronunciare due parole e lanciare una palla di fuoco. E forse il nostro animo romantico rifiuta la facilità della cosa. Chi lo sa?
Talvolta invece le parole sono solo un aiuto (immedesimazione) all'evocazione della magia.

4. Quattro
Quattro.

5. Incantesimi gestuali
Gli incantesimi evocati con i gesti sono i più diffusi, forse, nel fantasy. Si possono facilmente accettare. È possibile che per evocare certe magie sia necessario immedesimarsi attraverso i gesti.

6. Incantesimi naturali
In alcuni fantasy si può leggere di fonti magiche, boschi incantati (vabe', non proprio così magari), o monti maledetti. Reputo questo tipo di magia "indiretta", spontanea, credibile. Nell'ambientazione di Terry Brooks nel ciclo di Shannara, c'è un lago presso il quale appare una specie di spirito, per esempio. La magia intesa come entità primitiva, indipendente e naturale, mi sembra incontestabile, come invece potrebbe esserlo se intesa come arte innata o da apprendere.

Tutto sommato, essendo la magia qualcosa che non esiste, non si possono fissare dei confini esatti. Credo però che, oltre alla coerenza, sia necessario anche riflettere un po' sul concetto stesso di magia.
Se a metà romanzo facciamo teletrasportare il protagonista perché ci fa comodo, per farlo scappare da un'orda di barbari assassini, non saremo coerenti, perché se il protagonista era già in possesso di quell'abilità, avrebbe potuto sfruttarla in altre occasioni - tranne se giustifichiamo la cosa con qualche motivo valido.
Sarebbe opportuno dunque modellare l'ambientazione in base alla magia che concepiamo, facendo rientrare il tutto nei limiti dell' "ordine". Non è, a mio parere, una limitazione della fantasia, ma un potenziamento di essa attraverso la riflessione.

sabato 4 ottobre 2008

4. Le armi


4. Le armi


Sulla contaminazione dei videogiochi, film e fumetti che ha portato alla scelta di armi teatrali e inverosimili, e sul perché questa scelta è sbagliata, e riflessioni su qualche arma antica

Nell'epica sono sempre esistite armi dai poteri divini. Si pensi all'Arca dell'Alleanza - che di per sé non è(ra) un'arma, ma che veniva anche usata come tale e in questo caso può sembrare anche fantasy ^^ -, si pensi ad Excalibur, e alle armi dei miti greci e norreni. Se già l'eroe epico aveva qualità straordinarie, grande forza, origini divine, era polytropos, spesso lo si trova accompagnato da oggetti particolari, come corone, anelli, o armi.
Il fantasy trae spunto dal genere epico e cavalleresco e ripropone questo tema. Tuttavia, il tempo ha apportato alcune modifiche.

È una cosa che ricorre spessissimo: l'eroe possiede una spada speciale, una forgiata apposta per lui, da un meteorite o da qualche materiale raro, vi è infusa energia magica, maledizioni, di tutto e di più. Ma dato che questo τοπος è stato trito e ritrito durante i secoli, sembra normale che dopo un po' annoi e appaia anche inverosimile.
Come ho detto nel precedente articolo, sappiamo il necessario sull'uso generale delle armi nel medioevo (ripeto: in questa "rubrica" prendo come soggetto dell'analisi il fantasy classico), grazie a manuali "professionali" che si possono facilmente scaricare da internet - ma non ditelo a nessuno, sennò vi mettono in prigione come se stupraste una ragazzina in mezzo alla strada!

La spada è l'arma più comune. Ma la lancia dovrebbe esserlo.
Fare una lancia non è difficile. Lo facevano gli uomini del paleolitico, figuriamoci nel medioevo. Basta inserire un qualcosa di appuntito su un lungo bastone, per il solo obiettivo di infilzare qualcuno, senza preoccuparsi delle vibrazioni che l'arma riceverebbe (come si faceva con la spada). Ora, in certi fantasy sembra che si conoscano solo le spade. La lancia era comoda: tieni lontano l'avversario, stai al sicuro, ti fai strada tra le difese nemiche ecc. Insomma, la spada era utile, sì, e più o meno diffusa, ma di sicuro un contadino del '200 guardando entrambe avrebbe optato per la lancia.
Appurato dunque che l'arma primaria, per così dire, era la lancia, perché questa storia della spada? Facile. Colpa dei cliché letterari storici. È affascinante il cavaliere, non il soldato comune. Il cavaliere errante, bello, nobile, misterioso, ecc. Un cavaliere, avendo un cavallo, deve avere la possibilità economica. Avere la possibilità economica significa passarsela bene o essere nobili e ricchi. Le storie di cavalieri erranti belli e ricchi e con un bello spadone (...) sono sempre piaciute. Ma i tempi sono cambiati, e la fantasia ha cominciato a dominare negli ultimi secoli, in un po' tutti i campi artistici. È una cosa bellissima, persone che esprimono la loro arte attigendo dai loro sentimenti. Se una volta piaceva solo un certo tipo di storie, ora si può dire che abbiamo la mentalità più aperta (sì, come no...) e accettiamo anche storie di spazzacamini poveracci o marinai sfigati, purché siano belle.
Ma il motivo principale della spada come simbolo del(la) fantasy credo sia tutto nel settore commerciale degli anni '70-'80. La tv, i fumetti ecc., prendevano davvero i luoghi comuni dei romanzi fantasy, e la spada era l'arma storica obsoleta che, non informandosi, la gente riconduceva subito al medioevo, ricavandone così il Conan o il non meglio specificato guerriero-cavaliere impavido, capellone, forzuto e cazzuto. Insomma, i Manowar.

L'arco è per le femminelle... Ma solo nei fantasy stupidi.
Come è stato notato analizzando gli scheletri di alcuni arcieri, la loro colonna vertebrale era deformata, danneggiata. Questo perché tendere la corda di un arco non è cosa da niente. Se avete usato il kit del piccolo indiano con arco di plastica e frecce a ventosa, potreste non essere d'accordo. Ma le cose stanno così. Bisognava essere allenati, e avere molta forza per tendere la corda di un arco. Usando le parole del Duca Carraronan avute in una recente conversazione:
Le dita sono un'ancora. Flettere il legno esterno e comprimere il legno interno dell'arco da guerra richiede uno sforzo dai 45 ai 70 kg di trazione (100-150 libbre) ottenuta tramite bicipite del braccio che tira la corda e dorsale, più l'intervento del pettorale e del tricipite dell'altro braccio che all'inizio aiutano la spinta dando il loro contributo nell'altro senso. In pratica è come se facessi una distenzione con un manubrio da 20 kg con un braccio e una trazione al pulley con 25 kg dall'altro. (...) Un esercizio misto in modo inquietante.
Il Duca Carraronan
Per ulteriori informazioni, leggetevi l'articolo a riguardo - che uscirà a breve.
È sbagliato dunque, nel fantasy, affibbiare alle povere donne l'arco. Anzitutto perché non è detto che siano tutte deboli (ahaha, bella battuta XD), e poi perché in effetti è più facile che una donna combatta con una lancia o una spada. Vista la forza richiesta dall'arco, è più facile tenere un nemico distante agitando la lancia, piuttosto che cercare di flettere una corda durissima mentre quello si avvicina...

E questo è tutto l'essenziale. Alla prossima. :)

domenica 28 settembre 2008

3. I personaggi, le razze


3. I personaggi, le razze
Sulla varietà di razze presenti nei racconti fantasy, le caratteristiche fisiche e psichiche dei personaggi, e le motivazioni per giustificarne l'esistenza.

Di fatto, non ci sono regole che stabiliscono quali razze si possono usare in un fantasy, e allo stesso modo non esistono personaggi adatti e non adatti, visto che -- trattando in questa "rubrica" il fantasy standard (non comico o erotico o di altro genere), metà simile alla nostra realtà e metà ricco di altri elementi, fantastici o semplicemente alternativi -- si suppone che in una realtà alternativa le regole che guidano i fattori genetici di razze diverse dalle nostre appartengano, appunto, a un'altra realtà, dunque noi dovremmo accettarle così come ci vengono presentate. Anche i personaggi, attingendo ai prototipi degli umani (o simili) della nostra realtà, avranno un'infinità varietà di caratteri.
Dunque non esiste un manuale del bravo scrittore fantasy -- bugia!, invece sì, eccolo, fatto da me!:


Ho impiegato una buona mezzora per fare quest'immagine. E ho usato Paint e un po' di Pixia. Quindi, per favore, fatevela piacere. XD


I luoghi comuni del fantasy possono piacere, ma i lettori veterani talvolta si annoiano nel leggere sempre le stesse idee. Anche se le razze fantasy non appartengono alla nostra realtà, dopo tanti romanzi si è giunti ad avere un'idea generale di esse, quindi si possono commentare un po'.
Perché i nani devono essere sempre incazzati neri? Perché gli elfi devono essere effemminati? D'accordo, gli elfi-gnomi irlandesi, bassi e col nasone rosso non ispirano molto, ma un elfo un po' paffuto, col naso a patata e le sopracciglia folte sarebbe anche credibile, e preferibile a un rottinculo Legolas.
È pensiero comune che le donne nordiche siano belle. È quasi vero: non tutte. Si dice lo stesso anche delle donne mediterranee ma, aimè, a voi sembra così?
Ricorre, nel fantasy, lo stereotipo dell'eroe muscoloso abile nella spada. Se non è muscoloso, è snello, agile, coi muscoli definiti, ecc. Ma proviamo a pensare: siamo in un'utopia simil-medievale (ma sarebbe lo stesso anche in un med-fantasy, simil-rinascimentale, barocco, e forse anche in un urban fantasy): Medieval swordsmanship di John Clements sostiene che tutti, anche un contadino, possedevano una spada, nel Medioevo, pronti se fossero stati chiamati alle armi (ma a me è sembrato contraddittorio, visto che lo stesso Clements sostiene che la spada era privilegio dei cavalieri e che la lancia era l'arma più usata in battaglia, per sostenere poco dopo che invece la spada si adattava ad ogni tipo scontro ed era l'arma più utile: mah!). Una spada non è una vanga o una zappa, e se in un fantasy un contadino viene scelto da una profezia per compiere un viaggio contro il Signore del Male, non avrà le abilità di agile guerriero, spadaccino esperto, mago veterano ecc.
Farò un esempio con la chitarra elettrica.
Suonare non è difficile, richiede solo pazienza e pratica, come in tutto. C'è però gente geneticamente impedita a suonare, altra gente impara piano piano, impiegando molto tempo. Alcuni hanno difficoltà a muovere le dita velocemente, altri non riescono a tenerle ferme per gli accordi, altri ancora rinunciano a imparare quando arrivano a fare il barrè. La prima volta che uno afferra una chitarra nota che è pesante. Altri non sanno suonare decentemente con la distorsione, emettendo un suono simile a un incidente stradale.
Analogamente, un contadino non può essere un bravo spadaccino al 90% dei casi.
Una cosa è spaccarsi la schiena e usare la zappa. Un'altra cosa è posizionare i piedi, tenere la lama a una certa altezza, ecc. Diverso è anche il fisico di uno spadaccino. Chi fa piscina ha un fisico nettamente diverso rispetto a uno che pratica body-building. Il primo tende essere alto e slanciato o, almeno, sciolto e coordinato. Il secondo invece ha il più delle volte una massa notevole, muscoli definitissimi, ecc. Il nuotatore, tuttavia, sarà capace di allacciarsi la cintura, in macchina, mentre un body-builder potrebbe anche non riuscirci -- un mio amico belga non riusciva ad arrivare con la mano alla cintura, perché i muscoli gli impedivano di piegare e allungare il braccio verso il lato opposto: i nuotatori invece fanno sempre quest'esercizio nel riscaldamento.
Infine, diciamocelo, non tutti sono portati per alcune cose.

Altra cosa che caratterizza i pessimi fantasy sono i personaggi dalle caratteristiche esagerate e i "colori netti". Non hanno sfumature, sono buoni o cattivi o sterili. Nella realtà non è così. Un pedofilo può pagare tranquillamente le tasse e lasciare il posto nel tram per una donna incinta . Uno stronzo che ti frega il turno alla fila nella posta, non paga le tasse e scarica tanti film piratati da internet, invece, potrebbe aiutare le vecchiette ad attraversare la strada, donare il sangue o tante altre cose. Questo è un esempio stupido per dire che le persone non sono così o così. Sono invece ricche di particolari e, soprattutto, mutevoli -- si prenda in considerazione una donna dolce e simpatica, che però cambia carattere durante il ciclo mestruale/l'allineamento dei pianeti /o solo perché quel giorno ce le ha girate e ha voglia di dare spettacolo in pubblico e scaldarsi la gola in una sfilza di frasi dal tono isterico.
Martin è molto abile a delineare i diversi comportamenti dei personaggi. Quel poco di Drangonlance firmato Weis-Hickman che ho letto, invece, presenta personaggi simili a cartoni animati, buoni o cattivi, simpatici o antipatici, esagerati e poco verosimili.

Non si può invece stabilire niente riguardo a mostri o altre creature immaginarie. In quanto immaginarie, e non attingendo nemmeno ai prototipi della nostra realtà, è possibile ipotizzare varie eventuali caratteristiche. Un troll può essere scemo o intelligente o comunque in grado di sapere dove va messo un cappello. Dipende da quanta intelligenza vuole dargli l'autore.
Per tutte le creature o i fattori che si avvalgono del diritto di "non appartenenza alla nostra realtà", non si può dire niente. Se non: l'autore usi il buon senso. :)


In questo caso l'autore non ha usato il buonsenso. ^^

sabato 13 settembre 2008

2. L'ambientazione


2. L'ambientazione

Sull'insensata necessità di inventare un mondo stupido, dargli un nome stupido, riempirlo di cose stupide e via discorrendo.

La cosa che più attira, in un romanzo fantasy, è la copertina. Ma anche la mappa all'interno non dispiace affatto.
Lo scrittore fantasy novello inventa una storia, poi si rende conto di aver bisogno di un mondo in cui farla svolgere, e inizia a scalpitare dall'eccitazione.
Inventiamo 1 mondo fantasi, sììì!!!!11

L' "errore", se così si può definire, più comune dei novelli scrittori fantasy, è disegnare una mappa senza calcolare le distanze fisiche e, udite udite, distinguendo zone "buone" da quelle "cattive".

Capita che i personaggi vadano da una parte all'altra del continente in tempi brevissimi, con cavalcature fisicamente normodotate. Questo perché in effetti chi si mette a disegnare il mondo valuta la mappa come un disegno, e non tiene conto delle distanze reali. Però, bisogna dirlo, inventare un mondo coerente è difficile. Per questo possiamo solo affidarci alla storia e al buonsenso. Per esempio, si sa che i soldati romani facevano marce di 40 km al giorno, col peso di tutto l'occorente per pugnare. Se non sappiamo, quindi, quale fosse il rapporto spazio/tempo negli spostamenti in età antica (vabbe', diciamo medievale), prendendo come punto di riferimento dei dati certi, possiamo costruire qualcosa di coerente, alla bell'e meglio.
E il buonsenso andrebbe usato anche nella divisione della mappa in settori. Le mappe dei fantasy utopici sono del tipo: regno degli umani, temperatura mite, prati, pianure, colline, poi quello dei nani, montagne varie e tutto il resto, quello degli elfi, foreste, valli e fiumi, e infine, il regno oscuro, sede del Signore Oscuro, una terra brulla, inospitale ecc.
Possono esserci delle ragioni valide, per questa divisione razziale e spaziale, ma non sempre è così.
Per quale motivo le razze dovrebbero avere dei territori separati in modo così netto? Insomma, in ogni fantasy che contempli l'esistenza di più razze esistono anche tanti regni che li ospitano. In Italia ci sono tanti cinesi, rumeni, albanesi, marocchini ecc. In Belgio ci sono molti italiani, olandesi, inglesi, francesci, ecc. E non è così solo ora che siamo in un'era piuttosto "civilizzata". C'era tanta gente cosmopolita un tempo - forse anche di più. I marinai, i mercanti. Si pensi ai fiamminghi che vendevano la lana, o agli italiani che vendevano vestiti con quel rosso particolare, così costoso. E in Italia c'erano anche bizantini...
Un Signore Oscuro non ha motivo di insediarsi in una terra circondata da monti, brulla, grigia, senza animali da cacciare, con terreni sterili. Il fatto che sia cattivo non implica che sia scemo. L'uomo ha due tipi di rapporto coi confinanti alle sue terre: o ci mercanteggia o ci fa la guerra. Sbattere quattro razze ai quattro angoli di un continente è un'idea abbastanza artificiale, per niente verosimile.
Se gli elfi sanno usare la magia, possono prevalere sugli uomini. Ma se gli elfi sono una minoranza, e per di più pacifica, verranno sottomessi dall'uomo a suon di fendenti, schiavizzati per servire la razza (popolo) che vuole dominare su quel territorio. Se ci sono troll, orchi ecc, a seconda della loro capacità intellettiva, potranno comportarsi in modi diversi; potrebbero rimanere sugli alberi come le scimmie, o sulle montagne, a sgranocchiare stambecchi ed evitare l'uomo cattivo coi bastoni luccicanti. Oppure potrebbero vagare, cibarsi di viaggiatori, battere contro le porte della città reclamando carne o corpi per fare collane d'ossi da appendere al grigio collo delle loro signore.
Insomma, una divisione netta dei territori, sebbene possibile, è abbastanza improbabile - con le dovute eccezioni. Persino in Medio-Oriente, dove non vorrebbe trovarsi nessuno, ci sta gente che ci guadagna e rischia. Interpreti, mercanti d'armi, giornalisti, fotografi...
Il novello scrittore fantasy, dunque, dovrebbe pensarci due volte, prima di inventare territori inverosimili, che fanno sospendere l'incredulità del lettore, e concentrarsi a sistemare tutto con coerenza e pensando "perché farlo" e "non è potrebbe forse essere che..." . "Perché i nani devono vivere da soli nelle montagne?" - "Non potrebbe essere forse che siano minatori specializzati, che esportano pietra e minerali per rivenderli alle altre razze, insediandosi così nei territori rocciosi sparsi per il continente...?"

mercoledì 10 settembre 2008

1. La trama


1. La trama
Sulla geniale idea di un giovane che verrà chiamato per compiere una missione da cui dipenderanno le sorti del mondo, un giovane di umili origini, ma destinato a essere un re o roba simile, comunque una persona importante. E su come tale giovane entrerà in possesso di un leggendario manufatto, attraverso il quale potrà sconfiggere il male iperbolico e/o salvare e innamorarsi di una ragazza (principessa, se possibile).

Per descrivere ciò che accade nella mente di un individuo che vuole scrivere fantasy, mi rifaccio a un "famosissimo" film di Alejandro Ramirez Inariditu.

"Il pugilismo, ragazzo, è un mondo di dolore, di rabbia. Ma tu hai la stoffa, ragazzo!"
"Ma io sono scemo!"
... "Stupito da un talento nascosto. Ma nascosto bene..."
... "Lui è Pappo."
"Ma questo è un coglione!"

Tutto ciò incarna l'essenza dello scrittore fantasy. Se ha la fortuna di venire scoperto da un editore "che se ne intende" - l'allenatore di Pappo -, dopo qualche dubbio ("Ma io sono scemo!") decide di buttarsi nel fantasy ("Io sono puggile!"). Ma il fantasy, ragazzi, è un mondo di dolore, di rabbia. E voi non avete la stoffa. XD

Non credo sia necessario fare troppi esempi. Il Frodo di Tolkien, i personaggi di Terry Brooks, di Robert Jordan, Eragon, ecc. Sono tutti personaggi dalle radici umili che si ritrovano ad affrontare un'avventura, a viaggiare, a sconfiggere il male, a scoprire di essere stato scelto dagli dèi/dal destino/dalla malasorte.
No, non è una buona idea ideare una trama simile. E non - solo - perché è stata già usata e strausata (per casi recenti, vedasi Nihal, Bryan di Boscoquieto e similia), poiché dopo tutto ci sarà un motivo se tutti la preferiscono. No, a mio parere non si dovrebbe più usare quest'idea perché implica una serie di eventi scontati, che conducono alla produzione (per usare termini gambereschi) di un fantasy #54130 (uno dei tanti, insomma).
E un romanzo che non si distingue dagli altri non rimane nemmeno nella memoria. Leggo il romanzo, lo trovo niente male per i miei gusti facili, lo dimentico. Se ho gusti un po' esigenti, mi arrabbio perché ho speso soldi - idiota che non sono altro - per un prodotto scadente che mi ha fatto perdere tempo, oltretutto, e mi ha turbato.
Il fantasy prevede che ci sia qualcosa di fantastico e inspiegabile nel mondo che si è inventato l'autore. Quindi non è necessario che ci siano degli schemi da seguire (il poveretto che diventa eroe e compie un viaggio ecc.). Un contadino scemo che da bambino ha bevuto una pozione che gli permette di parlare con la sua mucca e, colpo di scena, con tutti i quadrupedi, può essere materiale per una storia fantasy. Il contadino non deve per forza essere figlio di Aemon il Grande, né deve compiere un viaggio per prendere la Sacra Spada Magica dell'Eletto Oscuro. Può starsene nel suo villaggio, snobbato da tutti, considerato l'idiota che è, finché un giorno non arriva un drago che si stabilisce nel villaggio, prende possesso della collina su cui si trova, s'impadronisce del tesoro sepolto, e sottomette gli abitanti. Ma... c'è il contadino scemo che sa parlare coi quadrupedi, solo lui potrà salvare gli abitanti. E così via.
A qualcuno questa storia può non piacere - e sarebbe comprensibile. Qualcun altro può trovarla grandiosa, invece. Ma sarebbe tutto qui: scritta in modo decente, una storia simile potrebbe piacere e non piacere. Non si parlerebbe di luoghi comuni e incoerenze. Si pensi al Signore degli anelli: molti si sono chiesti perché mai, invece di compiere un simile viaggio verso Mordor, l'anello non venisse trasportato dalle Aquile e gettato direttamente nel Monte Fato. Alcuni romanzi moderni presentano simili assurdità perché l'autore si ostina a voler seguire degli schemi, pur travalicando i limiti del verosimile e del logico.

Esempio esaustivo tratto da un articolo di Gamberi Fantasy.

A pagina 87 è descritta la partenza della Compagnia dei Rinnegati dalla capitale del Reame. I quattro giovanotti sono salutati da due ali di folla esultante, perché tutti sanno che lo scopo della loro missione è salvare la principessa Eileen, rapita dal Signore delle Tenebre. Ma a pagina 110 uno della Compagnia è reticente a rivelare la natura della missione a un suo parente, a pagina 114 Lyannen conferma che sono “partiti in gran segreto”. LOL!

Io vedo la cosa in modo grafico.

















Insomma, la trama surgelata non è una buona scelta per un fantasy. Soprattutto, molti autori che scrivono fantasy se non sono alle prime armi con la scrittura, lo sono col fantasy. Non ci vuole una cultura fantasy enciclopedica per capire come funziona la cosa, ma, purtroppo, molti leggono giusto Dragonlance o qualche altra minch... opera, e in questo modo non godono appieno del vasto panorama fantasy di alta qualità (Martin, Erikson, ma anche altri che magari possono piacere di più...).

P.S. Voglio specificare che questo blog-rubrica ha anche uno scopo di svago, ergo le battute che potrebbero offendere qualcuno sono solo battute, ironia, sarcasmo, e il sottoscritto non è un mago del fantasy. E, anche se fossi uno scrittore fantasy dalle notevoli capacità, non avrei problemi a parlare un po' di cose astratte - tutti ci riescono -, perché il difficile sta nell'applicarle. Riguardo a questo argomento, la trama, con un po' di riflessione si può arrivare al ragionamento che ho scritto finora, ma metterlo in atto è la cosa difficile.

P.P.S. L'immagine rappresenta Link e Zelda, due personaggi Nintendo. The Legend of Zelda è una serie di videgiochi fantasy dalla trama simile a quella riportata in questo articolo. Tuttavia, l'eroe non si fa la principessa.

lunedì 8 settembre 2008

Introduzione agli Spaghetti fantasy


Come sapete, negli anni sessanta e settanta andavano di moda dei western made in Italy, denominati Spaghetti Western, a budget ridottissimi, girati "in casa". Sebbene la moda dei film western fosse già diffusissima, i film di Sergio Leone e gli altri film italo-western, dapprima sottovalutati, addirittura influenzarono il genere stesso. La produzione western, insomma, è vastissima. Basta vedere un po' su rete 4.

In questo nuovo blog, col pretesto di scoraggiare tutti i novelli scrittori fantasy, si cercherà di mettere in evidenza la difficoltà di scrivere e pensare un buon fantasy, sia esso racconto, romanzo, saga epica, videogioco, o altro.
Di fatto, Spaghetti Fantasy rappresenta principalmente un archivio di post su questo argomento. Tuttavia, li pubblicherò in simultanea anche sul Rifugio.
Alla prossima. :)