giovedì 30 ottobre 2008

5. La magia


Sull'uso originale e non contraddittorio della magia e tutto ciò che la riguarda.

Non si può definire la magia. Non esiste; dunque ogni autore ha il diritto di adoperare, nel romanzo, magia del tipo che preferisce.
Per fare un po' di ordine, si potrebbero raggruppare le varie manifestazioni di magia nelle seguenti "categorie":
  1. Illusioni
  2. Incantesimi alchemici
  3. Incantesimi orali
  4. Quattro
  5. Incantesimi gestuali
  6. Incantesimi naturali
1. Le illusioni
Nell'Occhio del mondo di Jordan c'è una donna che, in un momento di particolare pericolo, spaventa il nemico manifestandosi come una specie di gigante. Il personaggio stesso poi giustificherà la cosa come scherzi delle ombre, dato che era notte. Nelle Cronache del ghiaccio e del fuoco di Martin un personaggio, tale Jaqen H'gar, semplicemente si passa una mano davanti al volto cambiandone le fattezze (e cambia anche il colore dei capelli).
A mio parere, le illusioni sono il miglior tipo di magia. Non deve essere per forza palesata: le illusioni possono essere semplici illusioni, scherzi della vista, o manifestazione magiche che illudono la vista (o solo una persona specififca).

2. Gli incantesimi "alchemici"
Con "alchemici" mi riferisco a quel tipo di magia attuabile solo attraverso la preparazione di pozioni o simili: in questo caso la magia non appartiene a nessuno, se non al miscuglio di particolari ingredienti, ed è solo un tipo distorto di scienza, un'alchimia. Una pozione d'amore può essere considerata magica. Ma basterebbe anche una tazza di cioccolata calda per mettere due persone in sintonia (grazie all'effetto del cioccolato sul cervello).
In Harry Potter, per esempio, questo tipo di magia non è direttamente collegato con le capacità magiche degli individui.

3. Gli incantesimi orali
Gli incantesimi che per essere lanciati necessitano di una parola, una formula orale, non sono sempre ben visti.
Si suole far riferimento, quasi sempre, a una lingua antica o misteriosa. In Eragon (sigh, perdonatemi) si parla di una lingua che chiama le cose con il loro vero nome. In Harry Potter si parla un presunto latino (un esplicito riferimento alla cultura europea dell'occulto).
Questo tipo di incantesimi non piace molto: credo sia perché l'idea di fondo, radicata in ognuno di noi, è che la magia sia un "dono" per pochi, ergo sarebbe troppo facile pronunciare due parole e lanciare una palla di fuoco. E forse il nostro animo romantico rifiuta la facilità della cosa. Chi lo sa?
Talvolta invece le parole sono solo un aiuto (immedesimazione) all'evocazione della magia.

4. Quattro
Quattro.

5. Incantesimi gestuali
Gli incantesimi evocati con i gesti sono i più diffusi, forse, nel fantasy. Si possono facilmente accettare. È possibile che per evocare certe magie sia necessario immedesimarsi attraverso i gesti.

6. Incantesimi naturali
In alcuni fantasy si può leggere di fonti magiche, boschi incantati (vabe', non proprio così magari), o monti maledetti. Reputo questo tipo di magia "indiretta", spontanea, credibile. Nell'ambientazione di Terry Brooks nel ciclo di Shannara, c'è un lago presso il quale appare una specie di spirito, per esempio. La magia intesa come entità primitiva, indipendente e naturale, mi sembra incontestabile, come invece potrebbe esserlo se intesa come arte innata o da apprendere.

Tutto sommato, essendo la magia qualcosa che non esiste, non si possono fissare dei confini esatti. Credo però che, oltre alla coerenza, sia necessario anche riflettere un po' sul concetto stesso di magia.
Se a metà romanzo facciamo teletrasportare il protagonista perché ci fa comodo, per farlo scappare da un'orda di barbari assassini, non saremo coerenti, perché se il protagonista era già in possesso di quell'abilità, avrebbe potuto sfruttarla in altre occasioni - tranne se giustifichiamo la cosa con qualche motivo valido.
Sarebbe opportuno dunque modellare l'ambientazione in base alla magia che concepiamo, facendo rientrare il tutto nei limiti dell' "ordine". Non è, a mio parere, una limitazione della fantasia, ma un potenziamento di essa attraverso la riflessione.

sabato 4 ottobre 2008

4. Le armi


4. Le armi


Sulla contaminazione dei videogiochi, film e fumetti che ha portato alla scelta di armi teatrali e inverosimili, e sul perché questa scelta è sbagliata, e riflessioni su qualche arma antica

Nell'epica sono sempre esistite armi dai poteri divini. Si pensi all'Arca dell'Alleanza - che di per sé non è(ra) un'arma, ma che veniva anche usata come tale e in questo caso può sembrare anche fantasy ^^ -, si pensi ad Excalibur, e alle armi dei miti greci e norreni. Se già l'eroe epico aveva qualità straordinarie, grande forza, origini divine, era polytropos, spesso lo si trova accompagnato da oggetti particolari, come corone, anelli, o armi.
Il fantasy trae spunto dal genere epico e cavalleresco e ripropone questo tema. Tuttavia, il tempo ha apportato alcune modifiche.

È una cosa che ricorre spessissimo: l'eroe possiede una spada speciale, una forgiata apposta per lui, da un meteorite o da qualche materiale raro, vi è infusa energia magica, maledizioni, di tutto e di più. Ma dato che questo τοπος è stato trito e ritrito durante i secoli, sembra normale che dopo un po' annoi e appaia anche inverosimile.
Come ho detto nel precedente articolo, sappiamo il necessario sull'uso generale delle armi nel medioevo (ripeto: in questa "rubrica" prendo come soggetto dell'analisi il fantasy classico), grazie a manuali "professionali" che si possono facilmente scaricare da internet - ma non ditelo a nessuno, sennò vi mettono in prigione come se stupraste una ragazzina in mezzo alla strada!

La spada è l'arma più comune. Ma la lancia dovrebbe esserlo.
Fare una lancia non è difficile. Lo facevano gli uomini del paleolitico, figuriamoci nel medioevo. Basta inserire un qualcosa di appuntito su un lungo bastone, per il solo obiettivo di infilzare qualcuno, senza preoccuparsi delle vibrazioni che l'arma riceverebbe (come si faceva con la spada). Ora, in certi fantasy sembra che si conoscano solo le spade. La lancia era comoda: tieni lontano l'avversario, stai al sicuro, ti fai strada tra le difese nemiche ecc. Insomma, la spada era utile, sì, e più o meno diffusa, ma di sicuro un contadino del '200 guardando entrambe avrebbe optato per la lancia.
Appurato dunque che l'arma primaria, per così dire, era la lancia, perché questa storia della spada? Facile. Colpa dei cliché letterari storici. È affascinante il cavaliere, non il soldato comune. Il cavaliere errante, bello, nobile, misterioso, ecc. Un cavaliere, avendo un cavallo, deve avere la possibilità economica. Avere la possibilità economica significa passarsela bene o essere nobili e ricchi. Le storie di cavalieri erranti belli e ricchi e con un bello spadone (...) sono sempre piaciute. Ma i tempi sono cambiati, e la fantasia ha cominciato a dominare negli ultimi secoli, in un po' tutti i campi artistici. È una cosa bellissima, persone che esprimono la loro arte attigendo dai loro sentimenti. Se una volta piaceva solo un certo tipo di storie, ora si può dire che abbiamo la mentalità più aperta (sì, come no...) e accettiamo anche storie di spazzacamini poveracci o marinai sfigati, purché siano belle.
Ma il motivo principale della spada come simbolo del(la) fantasy credo sia tutto nel settore commerciale degli anni '70-'80. La tv, i fumetti ecc., prendevano davvero i luoghi comuni dei romanzi fantasy, e la spada era l'arma storica obsoleta che, non informandosi, la gente riconduceva subito al medioevo, ricavandone così il Conan o il non meglio specificato guerriero-cavaliere impavido, capellone, forzuto e cazzuto. Insomma, i Manowar.

L'arco è per le femminelle... Ma solo nei fantasy stupidi.
Come è stato notato analizzando gli scheletri di alcuni arcieri, la loro colonna vertebrale era deformata, danneggiata. Questo perché tendere la corda di un arco non è cosa da niente. Se avete usato il kit del piccolo indiano con arco di plastica e frecce a ventosa, potreste non essere d'accordo. Ma le cose stanno così. Bisognava essere allenati, e avere molta forza per tendere la corda di un arco. Usando le parole del Duca Carraronan avute in una recente conversazione:
Le dita sono un'ancora. Flettere il legno esterno e comprimere il legno interno dell'arco da guerra richiede uno sforzo dai 45 ai 70 kg di trazione (100-150 libbre) ottenuta tramite bicipite del braccio che tira la corda e dorsale, più l'intervento del pettorale e del tricipite dell'altro braccio che all'inizio aiutano la spinta dando il loro contributo nell'altro senso. In pratica è come se facessi una distenzione con un manubrio da 20 kg con un braccio e una trazione al pulley con 25 kg dall'altro. (...) Un esercizio misto in modo inquietante.
Il Duca Carraronan
Per ulteriori informazioni, leggetevi l'articolo a riguardo - che uscirà a breve.
È sbagliato dunque, nel fantasy, affibbiare alle povere donne l'arco. Anzitutto perché non è detto che siano tutte deboli (ahaha, bella battuta XD), e poi perché in effetti è più facile che una donna combatta con una lancia o una spada. Vista la forza richiesta dall'arco, è più facile tenere un nemico distante agitando la lancia, piuttosto che cercare di flettere una corda durissima mentre quello si avvicina...

E questo è tutto l'essenziale. Alla prossima. :)